Tenzin Gyatso, 81 anni, XIV Dalai Lama della dottrina tibetana, premio Nobel per la pace nel 1989, arriva a Milano il 20 ottobre 2016. Dopo essere stato accolto dal Cardinale Angelo Scola in Curia, incontra gli studenti al Teatro degli Arcimboldi. In tale occasione, il Comune gli conferisce la cittadinanza onoraria mentre, fuori la comunità cinese presenta una protesta.
“Il mio impegno fondamentale per migliorare il mondo si basa sull’istruzione e sull’educazione del giovane”, è questo l’incipit del discorso tenuto da Tenzin Gyatso, 81 anni, leader religioso dei buddisti tibetani in esilio, al quale nel 1989 è stato conferito il Premio Nobel per la pace, e che il 20 ottobre ha deciso di incontrare a Milano studenti provenienti da diverse facoltà. E’ stata l’elegante e moderna struttura del Teatro degli Arcimboldi il luogo scelto per tale iniziativa, nel corso della quale il Consiglio comunale di Milano ha conferito al Dalai Lama la cittadinanza onoraria.
Alla domanda di uno studente riguardante la modalità mediante cui un essere umano possa dialogare con la sofferenza, Tenzin Gyatso risponde ponendo i vari tipi di problemi dell’uomo su due livelli: fisico e mentale. Egli illustra come una difficoltà corporea possa essere superata da una mente tranquilla, capace di trarre anche dal dolore insegnamento e beneficio. Al contrario, il benessere fisico è incapace di compensare una sofferenza mentale, definendo essenziale il modo in cui la persona si relaziona al problema. In seguito, Tenzin Gyatso incoraggia i giovani a favorire lo scambio culturale e di pensiero, che conducono l’uomo ad un’apertura mentale finalizzata all’eliminazione delle differenze per andare verso un mondo più unito.
Se all’interno del Teatro degli Arcimboldi viene elogiato l’impegno a favore di un’armonia religiosa, fuori la comunità cinese definisce l’attribuzione della cittadinanza onoraria al Dalai Lama “un’iniziativa non rispettosa” nei confronti dei cittadini cino-milanesi, i quali hanno dato luogo ad un movimento di protesta davanti all’Università Bicocca.
Due situazioni contrastanti che conducono ad interrogarsi sul senso di giustizia, sul diverso pensiero espresso da due culture con storie tanto differenti quanto importanti. Mentre nei primi TG vengono riportati dai giornalisti questi accadimenti, il Dalai Lama conclude l’incontro raccontando di aver vissuto 81 anni molto difficili, ma di non essersi mai sentito solo: “ho sempre pensato di essere soltanto uno dei 7 miliardi di individui nel mondo, considerando gli altri ci si sente bene”.
È proprio questa la chiave di lettura che potrebbe fare luce sugli eventi del 20 ottobre al teatro degli Arcimboldi, ricordandoci che una vita degna di un premio Nobel per la Pace non è sinonimo di una vita semplice. Il Dalai Lama ci ha ricordato che l’impegno per un mondo più unito deve andare oltre ogni desiderio di prevalere sull’altro, dal momento che rispondendo alla violenza con la violenza non si raggiunge la pace; proprio come affermava Cicerone infatti, “perfetta giustizia, perfetta ingiustizia”.
A cura di Maria Chiara Basilici
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