La televisione ha cambiato il mondo. È un dato di fatto. C’è un prima e c’è un dopo l’accensione di quella “scatola”. E non è vero che per noi millennials la televisione non è più affascinante. Sicuramente abbiamo a disposizione anche altri strumenti e stiamo davanti allo schermo televisivo molto meno di quanto non facessero i nostri fratelli maggiori. Ma ci sono storie che fanno parte del nostro DNA.
In Italia, la RAI ha segnato gli anni del dopoguerra, diventando, con i suoi programmi, fedele riflesso del periodo del boom economico. Poi l’offerta di programmi si è arricchita, fino ad arrivare al digitale terrestre e alle pay tv.
Cosa è spettacolo e cosa non lo è? Cosa è cultura e cosa non lo è? Sono queste le principali domande che ci siamo poste durante “C’è spazio”, la conferenza che abbiamo ospitato il 7 marzo.
La linea di demarcazione tra un programma ben fatto e un fallimento totale è sottilissima. Ed è probabilmente questo a rendere il mondo della televisione così appetibile per i neolaureati che fanno di tutto per lavorarci. I ritmi della produzione televisiva, spesso difficilissimi da conciliare con la vita privata, sono adrenalina pura: l’ansia prima di andare in onda, la costante paura che ciò che ha portato via tanto tempo e tante energie possa non piacere al pubblico, la soddisfazione quando i dati dello share sono positivi. Sono tantissimi i giovani che non riuscirebbero a immaginare una vita migliore di questa. Poco importano gli orari impossibili, la bassa retribuzione (specialmente all’inizio) e i mille momenti di vita familiare ai quali non si potrà essere presenti. Perché, alla fine, la televisione nel nostro Paese è cambiata tanto negli anni, ma è rimasta sempre la “scatola dei sogni”, portata in Italia da un gruppo di professionisti prestati da altri settori: la radio, il cinema o addirittura la carta stampata.
Oggi il sogno è molto più vero, grazie alle tecniche di montaggio sempre più avanzate e a un personale televisivo formato per svolgere il suo mestiere. Ma resta un sogno. Divertente, emozionante, travolgente.
A cura di Giulia Iacovelli
Comincia la discussione