Lady Gaga sul grande schermo

Crash through the surface, where they can’t hurt us

we’re far from the shallow now.

 

Schiantati contro la superficie, dove non possono farci del male.

Siamo lontani dal superficiale ormai.

 

Chi non ha sentito questo ritornello reiterante e coinvolgente? Sulle note di Shallow quasi tutti sono andati a comprare il biglietto per questo film, che voleva parlare di tanti temi importanti ma che, secondo me, non è riuscito ad arrivare veramente in profondità.

È rimasto in superficie, in the shallow, nonostante l’obiettivo fosse quello opposto.

 

Jackson Maine, un chitarrista famoso e alcolizzato, una sera entra già ubriaco in un night club e ascolta la voce potente di Ally, ragazza talentuosa che, però, non riesce a sfondare nel mercato discografico. La ragazza si sta esibendo e Jack ne rimane affascinato: per questo subito dopo la performance va dietro le quinte e inizia a corteggiarla.

 

I due escono dal locale insieme e passano tutta la notte in giro per la città cantando strofe di Shallow, canzone scritta da Ally, e scambiandosi l’un l’altro qualche confidenza. L’indomani, Jack la invita ad un suo concerto in Arizona. La ragazza, dopo un iniziale rifiuto, decide di accettare l’invito e, all’ultimo momento, sale su un aereo privato per correre dal chitarrista. Inizia così la loro rocambolesca storia d’amore.

 

Jack porta Ally al successo non riuscendo, al contempo, a fermare il suo stesso declino. Entrambi provano a salvare l’altro: Jack cerca di convincere Ally a rimanere se stessa anche quando l’industria discografica le impone di cambiare; Ally, invece, prova ad allontanare il suo compagno dall’alcool e dalle droghe.

 

Tematiche forti, insomma, non ignote nel mondo della musica: quante volte abbiamo letto di artisti famosi che, trascinati da vizi irreversibili, hanno iniziato ad affondare come se avessero delle pietre legate al collo. Il modo in cui questioni di tale calibro sono state trattate tuttavia, a mio parere, non è stato efficace.

 

Ammiro molto il lavoro di Bradley Cooper, che per la prima volta si è trovato sia davanti che dietro alla cinepresa, in veste di regista e di protagonista, ma si poteva “dire” di più. La velocità con cui sono stati trattati gli argomenti cardine del film – l’alcolismo, l’unicità dell’artista, il conflitto interiore – non può che lasciare lo spettatore perplesso e, forse, un po’ deluso.

Anche il “lato romantico”, che così prepotentemente prende il sopravvento, se da un lato porta lo spettatore ad empatizzare e avvicinarsi ai personaggi, dall’altro risulta, a tratti, stucchevole.

Le canzoni sono superbe e cantate magistralmente. Tutte scritte personalmente da Bradley Cooper (Jack) e Lady Gaga (Ally), sono il vero fiore all’occhiello di questa pellicola che in realtà è un remake del musical “È nata una stella”, diretto da William Wellman nel 1937. Di questo film sono state prodotte altre due versioni, una nel ’54 e un’altra nel ’76.

Lady Gaga si riconferma un’ottima attrice, oltre che una bravissima cantante.

Spero di vedere presto altri film diretti da Bradley Cooper che, ai miei occhi, ha dimostrato talento. Con l’esperienza, sono certa che saprà finalmente arrivare far from the shallow. E stupirci. Ancora.

 

Di Michela Carnabuci

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