Rispettare la vita, sempre e comunque: Antonio Tajani inaugura l’Anno Accademico 2018/2019
Fiero di essere italiano e cristiano: così si definisce Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo dal gennaio 2017, nell’affrontare la critica al patriottismo come sinonimo di tendenze antieuropeiste. La difesa della propria identità è un atto coraggioso, il presupposto per raggiungere un’integrazione sincera e aprirsi alle differenze. È stato proponendo una serie di Riflessioni per un’Europa nuova, rispettosa della dignità umana, e non degli interessi economici, che Tajani ha inaugurato l’Anno Accademico 2018/2019 dell’Università Cattolica di Milano, assieme al Rettore dell’Ateneo Franco Anelli e S.E. Mons. Mario Delpini. Com’è possibile oggi difendere il futuro dell’unità Europea, quali sono i valori che tutti noi siamo chiamati a rispettare? La prolusione tenuta dal Presidente, dal titolo “Riflessioni per una nuova Europa. L’attenzione alle comunità e ai cittadini come valore unificante”, è volta a presentare un’integrazione ferita, ma non deceduta, che aspetta di essere ricostruita dai suoi stessi cittadini.
Ripercorrendo il percorso storico-evolutivo compiuto dalla civiltà del continente Europeo, alla ricerca di un’identità, Antonio Tajani traccia un preciso cammino storico. Partendo dall’antica Grecia per arrivare fino ai Romani, identifica un modello di civiltà ben determinato, nel corso del quale le stesse leggi, infrastrutture e una sola moneta sono state estese a gran parte del mondo allora conosciuto. E’ il Cristianesimo ad agire da collante, da fonte di valori unificanti. Dante Alighieri stesso, come puntualizzato dal Presidente, esaltò il valore dell’Europa proprio elogiando nella sua opera le forti radici Cristiane, poi tramandate nel corso dei secoli. Lo scontro con il Materialismo (sia biologico che storico) nel corso delle due grandi dittature nel continente, le due Guerre, le tensioni economiche e sociali, hanno portato l’Uomo Europeo a smarrire l’anima dell’integrazione: il servizio alla persona. Se vogliamo aprire noi stessi all’unità dobbiamo, infatti, riconoscere che ognuno è motore della società, tassello determinante di un enorme mosaico che chiamiamo Europa.
E’ compito dell’Europa, di conseguenza, intervenire quando gli organi statali si rivelano incapaci di proteggere la persona. Ricordiamo infatti l’approccio presentato da Jean Monnet negli anni ‘50, non volto ad un’unità di natura verticale, e quindi separata per singoli settori, ma una vera e propria integrazione orizzontale, che comprenda l’economia di ogni paese nella sua totalità. Le istituzioni Europee, spesso erroneamente percepite come un’enorme Leviatano, hanno quindi il compito di agire per i cittadini e in comunione con lo stato che li rappresenta. E’ proprio quando una visione economicista ha prevalso che tale integrità ha iniziato ad indebolirsi, nel momento in cui la ricchezza, e non il benessere, è diventata l’obiettivo principale dei governi. Cos’è un’industria, chiede Tajani, senza chi vi lavora, le strutture che le appartengono, tutto ciò che vi ruota attorno? Senza valori e ideali, la macchina che chiamiamo Europa è soltanto benzina e accensione, senza alcun pilota. Sono state l’incapacità di gestire in tempo la crisi economica e la rincorsa verso una crescente austerità che, secondo Antonio Tajani, hanno contribuito ad accrescere il già diffuso malcontento verso le istituzioni. Allo stesso modo, la crisi migratoria ha rappresentato il susseguirsi di errori di insensibilità che, nell’assenza di una politica unitaria, hanno confuso ulteriormente il panorama internazionale.
Infine, Tajani esorta a guardare al futuro, descrivendo la stabilità Europea come basata sul Mediterraneo intero. In particolare, il Presidente del Parlamento Europeo sceglie di puntare il dito contro la Cina, colpevole di investimenti in Africa più simili ad una nuova stagione di colonizzazione che ad un aiuto concreto verso lo sviluppo economico e sociale del continente. Investire miliardi, secondo Tajani, è un’operazione possibile solo se sostenuta da alti valori e se volta a preservare una stabilità durevole, compito che solo a livello Europeo può essere portato pienamente a termine. Dai Balcani, soggetti a infiltrazioni finanziarie saudite, fino alla Siria e all’Iran, l’Europa deve affrontare le crisi internazionali con un marcato senso di responsabilità, presentandosi unita nella diversità dei suoi componenti. Come ha affermato il Re di Spagna, Filippo VI, davanti al Parlamento Europeo “noi siamo Europei perché spagnoli”. Antonio Tajani ha così concluso il suo intervento davanti a studenti e professori dell’Ateneo con un appello a difendere le proprie origini, riconoscendo l’appartenenza ad una civiltà basata sul rispetto della vita prima di ogni altro interesse. Catastrofi e guerre non sono mai state capaci di abbattere definitivamente l’Uomo Europeo. Nel nome della libertà, per quanto fragili e feriti, saremo capaci di rialzarci riconoscendo i nostri destini come connessi a quelli degli altri, per quanto diversi possano sembrare. Questo è l’imperativo, sempre più attuale, che l’Università deve essere capace di trasmettere: difendere sempre la libertà, nel rispetto della dignità umana, al di là di ogni interesse.
Sara Cucaro
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