Con tale affermazione è iniziata la conferenza “Transizioni demografiche e sviluppo sostenibile. L’umanità sopravvivrà a se stessa?”, tenutasi al Collegio Marianum mercoledì 20 marzo. Chiara Palmerini, giornalista scientifica, ha introdotto con questo slogan uno dei temi più scottanti che sta travolgendo il mondo intero. Il motto “There is no planet B” ha fatto il giro di tutte le piazze italiane durante il #fridayforfuture ed è un’affermazione che trova d’accordo studiosi di tutta la
Terra, siano essi climatologi, geologi o demografi.
È il caso di Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e ospite dell’incontro. Il Professor Rosina ha sottolineato come sia presente un reale problema demografico in termini di numeri. L’incremento demografico è stato omogeneo fino all’Ottocento, periodo in cui si è raggiunto il miliardo a livello di popolazione
mondiale. Ha conosciuto poi una crescita disrupted a partire dal secolo successivo: nel giro di 100 anni siamo aumentati di 5 miliardi. Tra le cause del fenomeno possono essere evidenziate la scomparsa delle grandi epidemie, l’inizio dei fenomeni di migrazione, la scoperta di nuove terre, la ricerca di nuove risorse e un miglioramento graduale delle condizioni di vita. La popolazione cresce perché la mortalità diminuisce. Tuttavia, ha contribuito a rallentare la crescita la diminuzione della
fecondità; è infatti scesa la media di figli per donna. Tutto questo non succede in Africa, dove, per l’appunto, si stima un raddoppiamento della popolazione, che arriverà a toccare i due miliardi.
A tal proposito è intervenuto Guido Lucarno, docente di Geografia presso l’Università Cattolica, effettuando innanzitutto una distinzione tra migranti economici, che fuggono dalla povertà, e migranti ambientali, che fuggono invece dall’ambiente ostile. Si stima che, solo tenendo conto di Medioriente, Africa settentrionale, e Africa subsahariana, i migranti si aggirino intorno ai
20 milioni annui, 10 milioni economici e 10 milioni ambientali. Inevitabile a questo punto riflettere sul fenomeno migratorio da altri punti di vista. Ci sono stati esempi positivi riguardo alle migrazioni, per cui si possa parlare di casi di successo e
integrazione positiva? Sì, il caso dell’Italia rappresenta un esempio riuscito. Le migrazioni interne da Sud a Nord, che hanno caratterizzato il nostro Paese negli anni ’50, lo dimostrano. Per quale motivo possiamo parlare di successo? Principalmente a causa di fattori riconducibili ad appartenenza religiosa, linguistica e culturale.
Tuttavia, attualmente, i veri quesiti sulla migrazione sono sicuramente collegati ai fenomeni più evidenti dei nostri tempi: lo sviluppo della tecnologia e la globalizzazione.
Fino a che punto la tecnologia può aiutarci nell’individuare e analizzare questi movimenti? In che modo si riuscirà a coordinare la convivenza di persone di etnie tanto diverse?
Le questioni sollevate dal Professor Lucarno non sono sicuramente di facile interpretazione e la risposta non è univoca, né certa.
E voi, lettori del Marianum Post, che cosa ne pensate?
Di Marta Giaretta e Agnese Ialuna
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