Intervista a Liliana Rampello

Liliana Rampello ha insegnato Estetica all’Università di Bologna dal 1972 al 2007. Vive e lavora a Milano come consulente editoriale. Dal 2001 al 2008 ha firmato la rubrica Ai libri non si resiste della rivista «Via Dogana» della Libreria delle Donne di Milano.
Autrice di numerosi saggi ha collaborato con «il Verri», «Rinascita», «Studi di Estetica», la «Nuova Informazione Bibliografica» e «Il filo di perle». Tra le sue pubblicazioni: La grande ricerca. Saggio su Proust(Pratiche 1994); Il canto del mondo reale. Virginia Woolf, la vita nella scrittura (il Saggiatore 2012, 1°ed. 2005); Voci d’Italia. Breve storia della ricezione italiana del Secondo sesso; postfazione a Simone de Bauvoir, Il secondo sesso (il Saggiatore 2008); La mia Colette, in Diotima, L’ombra della madre (Liguori 2007); introduzione e cura di Virginia Woolf, Voltando pagina. Saggi 1904-1941 (il Saggiatore 2012).

Intervista di Chiara de Stefano.


I: Nel 2005 ha scritto il saggio “Il canto del mondo reale: Virginia Woolf, la vita nella scrittura “che capovolge tutte le interpretazioni sinora consolidate circa l’idea odierna di Virginia Woolf, sempre interpretata a partire dal suicidio e dalla morte. In che modo si può rileggere questa poesia d’amore per la vita che viene mascherata da morte agognata?

LR: Partiamo da quest’ultima affermazione. Non c’è una morte agognata, lei non desidera mai la morte. Costantemente ribadisce il suo amore per la vita. Dice spesso che “estrema“ è la vita non la morte. Pur se il termine estremo indica ultima cosa, Virginia ci dice che la cosa più difficile, più dura, più vera e, anche, più forte è la vita. Quindi giunge alla morte per ragioni imperscrutabili e non perché l’ha desiderata o cercata. Tanto è vero che, nei suoi appunti degli ultimi giorni del suo diario, parla di nuovi progetti, di nuovi libri da scrivere. Certo la situazione che sta vivendo nel 1941 è tragica, per una serie di ragioni che non sto qui ad elencare, ma ciononostante non c’è mai una ricerca della morte. La morte che pervade i suoi scritti è più legata a dei fenomeni sociali grandissimi perché lei vive due guerre mondiali. La morte invade la società non la vita dei singoli. Per cui non penso che sia una morte agognata, piuttosto è una morte che a un certo punto accade, non morte cercata ma accadimento.

I: Quindi la morte come momento della vita, come parte integrante della vita?

LR: Sì, parte della vita. Quando scrive “Mrs Dalloway” racconta appunto questo, racconta come la forza di Clarissa sia tenere la morte di Septimus dentro la sua vita, non di ricacciarla né di vederla come l’ultima cosa possibile. Nell’ultima immagine Clarissa, nel suo studio, guarda dalla finestra la vecchia signora che compie dei gesti ordinari, preparandosi per andare a dormire: sta vivendo, sta semplicemente vivendo!

I: Qual è il rapporto tra Virginia Woolf e Jane Austen, altra scrittrice alla quale lei è appassionata?

LR: Nella mia biografia personale di lavoro sono arrivata a Jane Austen attraverso Virginia Woolf, l’avevo letta da giovane ma poi l’avevo dimenticata. Leggendo i saggi di Woolf mi sono sorpresa a capire quante cose racconta di Austen che non avevo colto leggendola la prima volta e allora ho cominciato a rileggerla, comprendendo la grandissima importanza che questa scrittrice ha avuto nella letteratura inglese, anche rispetto, non tanto al modo di scrivere poiché ovviamente siamo nel Modernismo e, quindi, nel momento di rottura con il romanzo tradizionale, quanto alla sua capacità di osservare, per esempio, l’importanza della vita quotidiana delle donne. Questo è il tema centrale della Austen che Woolf rilancia una chiave assolutamente moderna e attuale.

I: Parlando di modernità, come sarebbe Virginia Woolf se fosse nata ai nostri tempi? E ancora abbiamo bisogno di Bloomsbury?

LR: Non ho la più pallida idea di come potrebbe essere oggi Virginia Woolf. Ci sono molte scrittrici, più di quante immaginiamo, che hanno Woolf come riferimento. Per esempio, Helen Humphrey nei suoi libri fa spesso riferimento a Woolf, anzi uno dei suoi libri è cadenzato dalla presenza di Woolf in una piazza. Ci sono tantissime scrittrici che sanno cosa è successo nella scrittura delle donne quando è comparsa Virginia Woolf.

Per quanto riguarda Bloomsbury, sono convinta che sarebbe interessante che, soprattutto, voi rompeste certe convenzioni. Dobbiamo ricordare che erano tutti ragazzi quando hanno cominciato a vivere in un certo modo, erano circa venticinquenni, trentenni, ventiduenni, andavano all’università, avevano la capacità di essere anticonvenzionali non per spirito di sbruffoneria ma semplicemente perché davvero volevano vivere quelle che erano le loro personali convinzioni.

Secondo me, oggi che siete esposti a qualsiasi orrore che arriva attraverso il web, attraverso questo disprezzo della lingua, questo cattivo uso, questo abuso delle parole, se il senso di responsabilità fosse in capo ai giovani sarebbe bellissimo. Sarebbe una grande rivoluzione cominciare a dire: “Oggi niente insulti, niente sciocchezze niente fake news, non è questo il mondo che vogliamo!”. Le cose vere passano sempre dal coraggio e dalla forza dei giovani.

I: Una radicale genuinità?

LR: Sì, una diversa spontaneità, una ricerca di qualcosa che riguardi il modo in cui voi volete vivere. Non credo che per voi sia bello vivere in una società in cui anche un momento di intimità può essere filmato, messo sul telefono e fatto girare in rete distruggendoti. Tutto questo dovrebbe essere guardato con attenzione e combattuto con estrema forza da ragazze e ragazzi. Credo che il linguaggio oggi possa uccidere mentre ci hanno insegnato che è responsabilità.

I: C’è una frase molto famosa di Virginia Woolf “I’m rooted, but I flow“. Sono radicata ma scorro. A quante cose siamo ancora radicati e da quante altre, invece, ci facciamo trasportare?

LR: Ha delle radici ma sa anche volare: il volo della sua immaginazione e della sua mente. Ognuno di noi deve sapere dove è ancorato, quali sono gli elementi essenziali che orientano la sua vita e le sue scelte ma allo stesso tempo deve saper volare, avere una grande curiosità per il mondo che lo circonda e lì si vola perché non si hanno più bussole precise!

A cura di Chiara De Stefano

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