I confini netti, le definizioni accurate e le puntuali descrizioni non conferiscono alle cose un primordiale senso di ordine, bensì finiscono per (de)limitarle.
In un’epoca soffocata dal terrorismo mediatico, spirituale e relazionale, ciò che guida gli uomini pare proprio essere uno spiccato senso di antropocentrismo irrazionale. Il benessere collettivo sembra passare in secondo piano rispetto a quello personale, con l’oblio della consapevolezza che quest’ultimo è diretta conseguenza del primo e viceversa. La mancanza di empatia è solo il riflesso di una società che fa della disinformazione e della paura ottimi meccanismi di difesa: si teme ciò che non si conosce, si crede a ciò che si vuol credere e si va avanti in una psicosi degenerativa che impoverisce il sistema dall’interno. Le manifestazioni più dirette sono molteplici così come numerosi sono gli aspetti sociali, politici ed economici interessati.
La responsabilità sociale appare come una prometeica soluzione degli inguaribili utopici, di chi crede ancora che il singolo possa fare la differenza. Eppure la storia ce l’ha dimostrato più volte, perché a guardar bene la folla è sempre stata una massa amorfa mossa da uno spirito di autoconservazione, un essere in preda alle inquietudini della gioventù, un impulso che s’arresta attonito davanti all’improvvisa rivelazione di qualcosa di sconosciuto, che piomba dall’entusiasmo nella più algida indifferenza per rianimarsi e seguire, nella rinnovata, euforica incoscienza, la parte più irrazionale di sé. La stessa moltitudine di persone che, in questi tempi di instabilità sociale e allarmismo, si culla nell’illusoria speranza che una scarsa conoscenza scientifica supportata da una superficiale consultazione della rete, possa essere la più giusta delle azioni da compiere al fronte di un ricercato senso critico.
Da un punto di vista economico, i possibili scenari immediati che si presentano riguardano il settore del turismo, i trasporti, i servizi pubblici e la liquidità delle imprese: gli strumenti più adeguati per far fronte alle problematiche ad essi collegati risultano essere quelli di policy. Nel medio periodo si assisterà, con una certa gradualità, ad un decremento della qualità della catena del valore, quindi alla fornitura di materie prime per la produzione di beni e servizi. Come conseguenza di queste disfunzioni, si osserverà, nello stadio più avanzato, una riduzione della domanda aggregata e reddito disponibile dei consumatori attraverso una diminuzione dell’occupazione e dei salari. L’effetto complessivo che si avrà è probabilmente impossibile da stimare al momento, ma ciò che appare chiaro è che di fronte a queste spiacevoli vicende forse sarebbe più opportuno smettere di contabilizzare, trasformare persone in numeri e fermarsi un attimo: la riflessione, la razionalità e la meditazione sono figlie del senso critico, il grande lume della modernità.
Allora forse il frenetico scorrere dell’esistenza confluirà in un altruistico sguardo all’altro, in una consapevolezza di uguaglianza che la vita, morte, sentimenti e malattie ci mettono davanti indiscriminatamente. Tutti docili fibre dell’universo così vulnerabili davanti all’invisibilità che pian piano corrode, tutti potenzialmente vittime. Appare così che il progresso tecnologico non sarà mai abbastanza se non sarà accompagnato da un nuovo umanesimo capace di unire la moltitudine in una spirale emotiva, dove gioia e dolore, se vissuti insieme, non sono poi così diversi tra loro.
A cura di Chiara de Stefano
Immagine in evidenza di Mauro Biani
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