30 anni senza Sandro Pertini

Trenta anni fa, il 24 febbraio 1990, moriva il Presidente più amato dagli italiani nella storia della Repubblica: Sandro Pertini.

Nato nel 1896 nella provincia savonese, medaglia d’argento al valore militare durante la prima guerra mondiale, laureato in giurisprudenza e promotore del Partito Socialista Unitario. Tenace antifascista e per questo esiliato in Francia. Una volta tornato in Italia, viene rinchiuso in carcere e vi rimarrà per quattordici anni.

Finita di scontare la pena nel 1935, venne confinato prima a Ponza poi a Ventotene, per essere liberato definitivamente il 13 agosto 1943, pochi giorni dopo la caduta di Mussolini.  

La sua voce annunciò la liberazione. Pertini voleva laresa incondizionata del Duce, ma condannò lo scempio dei corpi a Piazzale Loreto.

«Io il nemico lo combatto quando è vivo e non quando è morto. Lo combatto quando è in piedi e non quando giace per terra».

Non si risparmiava nell’esprimere il suo pensiero antifascista: «Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica […] il fascismo è l’antitesi di tutte le fedi politiche […], perché opprime le fedi altrui.»; contrapponendolo sapientemente a quello democratico: “io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente”.

Verrà quindi eletto Presidente della Repubblica nel 1978, uno dei momenti più difficili della storia del nostro paese: il caso Moro, tre papi, due Presidenti della Repubblica di cui uno dimissionario e le brigate rosse.

“Intendo essere solo il Presidente della Repubblica di tutti gli italiani, fratella tutti nell’amore di patria e nell’aspirazione costante alla libertà e alla giustizia. Onorevoli senatori, onorevoli deputati e signori delegati regionali, viva la Repubblica, viva l’Italia”.

Sandro Pertini è stato tutto questo e molto altro, quello del “non ci prendono più” mentre fa “no” con il dito girandosi verso la gradinata della tribuna d’onore dello stadio Santiago Bernabeu di Madrid, il giorno in cui l’Italia vinse i Mondiali di calcio 1982. Lo stesso che giocava a carte sull’aereo di ritorno dalla capitale spagnola con la Coppa del Mondo troneggiante sul tavolino. Il settimo Presidente, che non dormiva al Quirinale. “Io sono il primo impiegato della Repubblica, questo è il mio luogo di lavoro, vado a dormire a casa”. Quello che si emozionò davanti alla distruzione del terremoto dell’Irpinia. Il presidente dietro i vetri un po’ appannati fuma la pipa, il presidente pensa solo agli operai sotto la pioggia”.

In un celebre discorso di auguri di fine di anno del 1983,il presidente Pertini si rivolge ai giovani italiani. In quelle frasi è riassunto in maniera semplice e definitiva il suo pensiero e gli elementi fondanti della sua azione politica e della sua vita: la libertà, la giustizia sociale, il rispetto delle idee altrui, la visione progressista del ruolo dei giovani per il futuro della nazione.

Lo ricorderemo per sempre così, un uomo onesto e libero, socialista e rivoluzionario.

 

A cura di Claudia De Fazio

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