SUB TUUM PRAESIDIUM

Carissime tutte,  

io e la commissione liturgica porgiamo un richiamo settimanale a Maria in questo mese di maggio in cui ci sentiamo più uniti benché in diaspora (con una motivazione aggiunta: “sarà perché il Marianum…” è intitolato a Lei). Vi giunge di sabato, il giorno a Lei dedicato nella liturgia. Il nostro antico Rettore Ezio Franceschini diceva che nella sua regola di vita rimandava le cose più noiose al sabato, perché voleva imitare Maria e le madri che non si sottraggono mai a ciò che pesa di più nei doveri della vita. 

Vorrei cominciare con la preghiera più antica a Maria che si conosca. Conservata in un foglio di papiro rinvenuto in Egitto nel 1929, viene fatta risalire al III secolo. Papa Francesco nei giorni scorsi ha scritto una preghiera  per invocare la Madonna,  alla fine del Rosario nel momento ingarbugliato che stiamo affrontando, partendo  proprio da questo testo che ci riporta al valore della tradizione (Tradere = tramandare). 

Eccolo:

Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio:

non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova,

e liberaci da ogni pericolo,

o Vergine gloriosa e benedetta.

E’ una preghiera di eccezionale importanza storica per l’esplicito riferimento a un tempo di persecuzione. Riveste una particolare importanza teologica per il ricorso a Maria invocata come “Madre di Dio”, titolo che sarà accolto e definito nel Concilio di Efeso nel 431 ma che era già usato in Egitto nell’ambito liturgico. Il testo arcaico da cui dipendono le diverse varianti liturgiche (copta, greca, ambrosiana, romana) suona così:

Sotto l’ala della tua misericordia noi ci rifugiamo, Theotokos (=Madre di Dio),

la nostre domande non respingere nelle necessità, ma salvaci dal pericolo:

solo pura, solo benedetta.

La formula attuale, ancora presente nelle citate liturgie, è proposta come una delle antifone a conclusione della Compieta, la preghiera che chiude il giorno che si spegne.

Questa perla sorta dal mare di tutte le tribolazioni, dalla fede dei più umili, è voce umana che contiene le speranza dei secoli. E tutto questo appunto prima del famoso Concilio di Efeso, per dire che sono gli umili a trasmettere la fede e a salvare le verità, è la gente che fa la Chiesa, “popolo di Dio” (scriverà la costituzione “Lumen gentium” dell’ultimo Concilio vaticano II). Preghiera sgorgata ora da cuori gonfi di dolore e solitudine, ora invece traboccanti di gioia perché finalmente l’Amata ha risposto all’amore. Preghiera semplice e spontanea, intensa e profonda, che si fa invocazione di figli sicuri di essere esauditi. Preghiera che riassume paure e trepidazioni di generazione in generazione, ove perfino la più nera disperazione può mutarsi in speranza. Preghiera  rivolta alla Donna che ha partorito il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo: così che per via di Lei ora Dio non fa più paura. Preghiera di un tempo antico e di sempre. La domanda iniziale, che facciamo nostra in questo periodo di pandemia, richiama appunto l’immagine dell’ “ombra delle ali”, cara ai Semiti e agli Egizi, quale espressivo simbolo della divina protezione. Preghiera, questa, di ogni tempo e preghiera di tutti. Chi prega non prega mai per sé solo, perché porta tutta la creazione a Dio e Dio nella creazione, è colui che si carica di tutta la storia per riversarla in Dio e si carica di Dio per ritornare nella storia che sta vivendo, nelle attese della “casa comune che è la terra”. Pregando così, cantandola così (dalla melodia gregoriana fino alle recenti composizioni polifoniche) siamo la voce dei secoli, dei vivi e dei defunti. Preghiera che rimanda al disegno salvifico di Dio, il quale ha voluto che il suo unico Figlio Gesù prendesse la natura umana nel grembo inviolato della Vergine, la sola pura, la sempre pura, la Donna dell’ “eccomi” all’Annunciazione.

Le litanie lauretane che concludono la preghiera del Rosario si rivolgono a Lei con tanti titoli: (sembra che non basti il povero vocabolario umano per invocarla…) ne suggerisco due:

Salute degli infermi, Consolatrice degli afflitti:  prega per noi!

don Giorgio

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