ANTIGONE E MEDEA NEL MONDO QUEER

L’uomo non cambia. La sua natura più nascosta sarà sempre la stessa tra dieci o cent’anni, in America come in Cina. Nel passato e nel presente ciò che siamo può essere definito con tanti nomi, ma ci potremo sempre ritrovare e riconoscere in ciò che siamo stati. ‘Gli antichi hanno sempre qualcosa da insegnarci’: questo non è solo un luogo comune.
Facciamo un esempio molto semplice, prendendo in considerazione una parola ‘nuova’ come queer. Abbiamo detto parola nuova, ma necessariamente dobbiamo considerarla il guscio di un concetto nuovo?
Nel 1993, l’accademica statunitense Eve Kosofsky Sedgwick lavora ad una raccolta di saggi in cui definisce la parola queer: ‹‹la rete aperta di possibilità, lacune, sovrapposizioni, dissonanze e risonanze, cadute ed eccessi di significato, quando gli elementi costitutivi del genere di qualcuno, della sessualità di qualcuno non sono fatti (o non possono essere fatti) per essere monolitici ››.
Nel teatro non sono pochi gli esempi di personaggi animati da fluidità di forma e capaci di invenzione creativa e ibridazione. E se è vero che l’ottica queer non corrisponde a un’identità preconcetta o stabile, ma piuttosto mima e rappresenta le identità e i loro possibili incroci per contraddirle e annullarle, allora la performance di due fra le più note eroine del teatro greco antico – Antigone e Medea – è sicuramente inscrivibile al suo interno.
    La storia di Antigone è la storia di una giovane che decide di ribellarsi alle regole che la sovrastano, sentendole cocentemente ingiuste: si indigna, le contesta e decide di trasgredirle, dando sepoltura al cadavere del fratello Polinice contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte.
L’indignazione di Antigone scaturisce da una situazione inaccettabile e da un presente disforico e nelle sue parole emerge la rabbia di una donna che vuole prendere la parola.
L’Antigone di Sofocle è stata assunta nella sfera teorica queer da un saggio della filosofa Butler: ‹‹Lei è precisamente Colei che non ha uno spazio ma che, tuttavia, cerca di rivendicarne uno [ … ] una posizione di parentela che non è una posizione››.
Antigone attua una vera e propria disarticolazione dell’ordine ideologico e giuridico e si afferma come manifesto dell’affermazione contraria all’ingiustizia e all’offesa.
Un’interessante riscrittura della storia della nostra eroina è il film I cannibali di Liliana Cavani, in cui Antigone è una ragazza di famiglia borghese la cui coraggiosa ribellione sarà seguita come esempio da un largo gruppo di giovani.
L’ira di Antigone la rende un soggetto autónomos, che si fa legge da solo, si impone con le sue regole sul re di Tebe mescolando le categorie di genere e confondendo le identità.
Quando Creonte cambia idea è ormai troppo tardi: Antigone, nel frattempo, si è suicidata, impiccandosi. Ma la sua azione rimane esemplare: è l’esempio di una donna che ha voluto andare oltre la propria categoria sia come individuo singolo, sovrastando le leggi imposte dal suo sovrano, sia come membro di una comunità, sfondando la comune convinzione secondo la quale non è compito di una ragazzina anche solo giudicare la normale consuetudine.
Anche Medea è partecipe di questo discorso. La sua è una vicenda di abbandono e di tradimento dei patti. Sembra una prospettiva che mette programmaticamente in opposizione genere maschile e femminile. Ma, in realtà, anche per Medea possiamo evocare la dimensione queer.
Medea reagisce alla situazione in cui si ritrova mettendo in atto maschere, realizzando forme di linguaggio e d’azione diverse e non riconducibili univocamente al mondo femminile o maschile. Nel finale, peraltro, appare come una figura divina, non umana e sicuramente non donna.
L’indignazione di Medea è sofisticata, meno irruenta e più astuta di quella della giovane Antigone, ma solo in apparenza; se dentro le pareti della sua casa urla e impreca contro Giasone che l’ha abbandonata, all’esterno è calma e composta.
Anche la strategia attraverso cui manifesta la sua collera può essere compresa nell’ottica del queer: infatti, questa ha successo perché si sdoppia, è inclassificabile e sfuggente: è donna e maga, è madre ma capace di uccidere i propri figli.
    Se anche noi, leggendo le storie di queste eroine, ci siamo in qualche modo identificati nel senso opprimente provocato dalle loro tragiche vicende, allora non dobbiamo dubitare né che questo sia già avvenuto in passato né che questo continuerà a verificarsi. E ciò succede perché la sensibilità emotiva dell’uomo è il più grande soggetto queer della storia.
Luisa Anna Mele

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