Tre libri in apparenza agli antipodi hanno fatto capolino dagli scaffali nei primi giorni della quarantena.
Tre registri letterari, tre periodi storici e tre situazioni completamente diverse. È mai possibile che vi sia qualcosa che li accomuni?
Il primo romanzo, l’allusivo e scandaloso Mademoiselle de Maupin del visionario Théophile Gautier, ci immerge nelle dissertazioni filosofiche e nelle disavventure galanti del giovane D’Albert, “poeta”-come lui stesso a torto si definisce – costantemente alla ricerca disperata della concreta manifestazione dell’Amore. Il destino del protagonista finisce per intrecciarsi con quello della spregiudicata ed irrequieta Madeleine de Maupin che, spinta da un’insaziabile curiosità, ha lasciato i panni femminili per vestire quelli maschili.
Con Sinfonia Leningrado, scritto dall’autrice contemporanea Sarah Quigley e ispirato a eventi storici reali, la narrazione si sposta su toni non meno sentiti ma decisamente meno filosofici. Il campo d’azione passa all’assedio nazista di San Pietroburgo, durante il quale, malgrado e grazie al dramma che lo circonda, il compositore Shostakovich dà alla luce la potente Settima Sinfonia, dedicata alla dilaniata e pur tenace Leningrado accerchiata. Personaggi reali e fittizi si incontrano, si scontrano e si sostengono a vicenda nella grande tragedia della guerra, i cui orrori sono rischiarati solo in parte dai bagliori della musica, dell’amore familiare e della solidarietà umana.
In Sonata a Kreutzer un Tolstoj ormai anziano, senza alcuna patina romantica o ideale, esprime la sua cruda e disillusa concezione del matrimonio e dipinge a tinte fosche il crescendo della gelosia furibonda, a tratti anche crudele, di un marito sospettoso nei confronti della moglie.
In queste tre storie, differenti sotto molti aspetti, è stato però possibile individuare un doppio fil rouge, seppur in senso lato. Il primo è l’amore, non univoco ma declinato in più forme anche all’interno di ciascuno dei tre romanzi.
L’amore in Mademoiselle de Maupin si palesa sia nel suo aspetto romantico-ideale che sensuale.
Il primo è riscontrabile nelle riflessioni dei due protagonisti che aspirano entrambi, in forme diverse, a quell’ideale di bellezza e ad un sentimento eterno perennemente e totalmente appagante. D’Albert, come Madeleine del resto, “è logorato da questi slanci senza scopo; ama intensamente, senza sapere che cosa”. Entrambi, però, non disprezzano i piaceri della carne. L’ambiguità contraddistingue queste due figure controverse che si mantengono in bilico tra purezza e corruzione, tra sensibilità romantica, ideale platonico e una libertina e consapevole ricerca della voluttà.
In Sonata a Kreutzer l’esistenza del primo tipo d’amore, quello romantico, viene invece non solo sbeffeggiata e messa in discussione ma addirittura negata, completamente spazzata via dalle velenose parole del protagonista e dalla sua storia.
La presunta e romantica comunione delle anime e lo stesso matrimonio – definito un “mercato” – non sono altro che sovrastrutture create dalla perversione della società umana. Emerge solo una passione carnale e gelosa, slegata a qualunque altra variabile diversa da quella fisica.
In confronto ai primi due romanzi l’amore descritto in Sinfonia Leningrado, pur dispiegandosi in molteplici forme, può apparire più “borghese”, quasi banale rispetto ai picchi tragici e ai toni
sublimi osservati in precedenza.
Lo stesso Shostakovich, che ripercorre le tappe della sua storia d’amore associando ad ognuna di esse il suono di uno strumento, ci introduce direttamente al secondo tema di raccordo tra le tre opere: la musica.
Sia Sinfonia Leningrado che Sonata a Kreutzer ruotano intorno alle omonime composizioni musicali che svolgono però all’interno delle vicende un ruolo diametralmente opposto.
Nel primo romanzo la musica permea, in un modo o nell’altro, l’esistenza di tutti i personaggi e rappresenta un’occasione di riscatto, sia sociale che nei confronti della bestialità della guerra.
Nella finzione come nella realtà, la Settima Sinfonia, che si erge dalle ceneri di una città semi distrutta, diviene simbolo mondiale della resistenza alla barbarie e di quella dell’arte, capace di germogliare comunque nonostante intorno non vi sia che – letteralmente – terra bruciata.
Colpevole della trasfigurazione quasi diabolica del personaggio di Tolstoj, la musica è invece complice, insieme alle altre arti, secondo D’Albert, dell’esaltazione dell’ideale a scapito della realtà.
“Poeti, pittori, scultori, musicisti, perché ci avete mentito? Poeti perché ci avete raccontato i vostri sogni? (…) Musicisti perché durante la notte avete ascoltato il canto delle stelle e dei fiori e l’avete tradotto in note? Perché avete fatto canzoni tanto belle che la voce più dolce che ci dica “ti amo” ci sembra rauca come lo stridore di una sega o il gracidare di un corvo? Siate maledetti, impostori!… E possa il fuoco del cielo bruciare e distruggere tutti i quadri, tutti i poemi, tutte le statue e tutti gli spartiti”. Suona assai ironico l’anatema lanciato da Théophile Gautier, il padre della teoria de “l’Art pour l’art”, che nella stessa prefazione a Mademoiselle de Maupin proclamava che: “di veramente bello c’è soltanto quel che non può servire a niente”.
A cura di Beatrice Marsili
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