VERGINE MADRE, FIGLIA DEL TUO FIGLIO

Carissime tutte, per questo sabato, trentacinquesimo giorno di Pasqua, propongo l’Ave Maria, chiamata “Salutazione angelica” fino al M.Evo, fissata come è oggi dal Papa Pio V sulla metà del 500 e dal VI secolo usata come antifona. Dopo il “Padre nostro”, è la sublime preghiera cristiana. L’ho scelta pensando alla Festa della Visitazione che chiude il mese di Maggio.

Il testo si compone di due parti:

La prima parte riprende l’annuncio dell’angelo Gabriele e il saluto di Elisabetta. Nel vangelo di Luca, l’episodio della visita di Maria a Elisabetta è anche il primo viaggio missionario di Gesù.

Maria, tabernacolo di Dio senza il premio dell’amore nuziale che lo precede, porta in sé Colui dal quale è portata. “Alzatasi andò in fretta” come gazzella sui monti: l’amore non può rallentare il passo! Diversa questa fretta rispetto alle nostre velocità che ci sottraggono ai tempi di Dio. Da qui l’importanza del pellegrinaggio: il verbo “alzarsi” nel Vangelo è lo stesso con cui si dice la risurrezione di Gesù. E’ come se nell’alzarsi per correre da Elisabetta sia contenuta la stessa forza del Risorto! Maria aveva appena pronunciato il suo “eccomi” e dalla sua casa si reca alla casa della cugina, lei più gonfia in attesa di Giovanni Battista, il quale “sussulta di gioia nel grembo” (Madre Teresa di Calcutta diceva che il primo riconoscimento di Gesù Messia proviene da un bambino non ancora nato). Siamo dunque nel santuario delle due madri. C’era stato il saluto del cielo (“Gioisci, rallegrati” sarebbe, più che Ave), ora il saluto della terra: “Benedetta tu fra le donne”. Una benedizione a tutta l’umanità al femminile, quasi che il liquido dei nove mesi sia acqua benedetta, quasi che ogni donna sia un frammento di Maria sparso nel mondo: le madri son benedette per prime! Senza le donne, sapremmo meno di Dio. Che meraviglia dire all’altro: tu sei una benedizione per me perché Dio “dice-bene” di te. Maria rimarrà là tre mesi e canterà il Magnificat, non per dire ciò che Lei ha fatto, ma quello che Dio ha compiuto in Lei: dieci azioni, un nuovo decalogo da cui nasce una nuova etica: non quella del dovere ma quella del dono. Maria: svelta nel rispondere a Dio , infinita nel ringraziarlo! “Ha guardato l’umiltà della sua serva”: Maria, a differenza delle favole, non è una serva che diventa regina per un enalotto spirituale. In Dio non vince l’arrogante, chi ha soldi, chi scommette sul successo e sull’apparenza. Con il Magnificat, costruito sul telaio della prima alleanza, canta tutto il popolo di Israele, come canta tutta la Chiesa quando ogni sera lo prega ai Vespri. Noi pregando l’ “Ave Maria” moltiplichiamo all’infinito l’eco dell’annunciazione: “il Signore è con te!”. Ecco il riassunto della vita: “benedire” gli altri come Elisabetta, “magnificare” Dio come Maria.

La seconda parte è una fiduciosa invocazione: Santa Maria: la “Madre di Dio” è come una perpetua gravidanza che tutti ci contenga, non è una statua come rischiamo di frantumarla negli innumerevoli santuari. “Prega per noi peccatori” (il peccato è un’ inferriata tra l’uomo e l’amore). “Adesso”: è l’ora che viviamo, è la stagione della storia che ci tocca planetariamente: minacce del virus, della guerra atomica, del terrorismo, fame, droga, corruzione, le celle dove si tortura, le donne violate e uccise, i tavoli attorno ai quali ambiguamente col cuore torbido di Caino si mercanteggia la pace.

“Adesso”: è la nostra quotidianità con il suo carico di urgenze e speranze. E nell’ora della nostra morte: lungo questo anno che si svolge e per quanti ce ne siano riservati, fino all’ora ultima, quando terminerà la strada del ritorno: l’ora della “nascita al cielo”.

Ave Maria: preghiera dell’angelo e insieme del peccatore!

Litanie suggerite: Madre della divina grazia. Madre del Creatore. Ma anche : “Vergine Madre, figlia del tuo figlio” (Dante).

 

Don Giorgio

 

 

‘’Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono.

Accoglienza vuol dire costruire dei ponti e non dei muri.’’

Don Andrea Gallo.

 

 

Milano, sabato 22 febbraio. Siamo in una delle tante opere di carità della città, dove ogni giorno, viene distribuito un pasto caldo a chiunque ne abbia bisogno.

Una fila di persone aspetta ordinatamente, per lo più sono mamme con il loro bambini.

La mensa di solito resta chiusa solo la domenica ma da lunedì 24 febbraio non ha più aperto per ragioni facilmente immaginabili, lasciando così la città sprovvista di un importante servizio di assistenza alimentare per gli indigenti .

 

Accoglienza è “l’atto di accogliere, di ricevere una persona”, concetto senza dubbio facile da leggere, forse meno da comprendere e fare proprio. Da qualche anno è anche diventata una tematica molto discussa in ogni ambito e Papa Francesco non è rimasto indifferente: in diverse omelie ha ricordato l’importanza di accogliere l’altro sotto ogni punto di vista, che si tratti di un migrante che arriva nella nostra terra sprovvisto di tutto o di un clochard che chiede cibo e cure.

Nel nostro Paese, si tenta sempre di più di combattere la cosiddetta “cultura dell’odio” e, in un panorama sociale in cui si pensa sempre meno al prossimo, spiragli di luce arrivano da testimonianze di aiuto e solidarietà, come i numerosi servizi mensa a Milano.

 

In un periodo come quello che stiamo vivendo tante persone si sentono confuse vulnerabili; a causa della pandemia si è reso necessario riscoprire il significato del verbo ‘’accogliere’’. Ne è un esempio il ristorante ‘’Ruben’’ a Milano, che si è attrezzato per far in modo che non mancasse un pasto caldo a chi è in condizioni di indigenza, destinando il proprio servizio all’asporto.

Oggi, ci siamo riscoperti tutti passeggeri della stessa nave, figli dello stesso Padre, destinatari della stessa provvidenza, abbiamo riscoperto l’importanza di accoglierci gli uni gli altri.

 

Maria di Nazareth incarna l’esempio più alto di accoglienza a cui i nostri atti quotidiani si dovrebbero ispirare: a soli sedici anni, accolse l’annuncio dell’Angelo, predisponendo tutto il suo corpo alla volontà di Dio, dal ventre al cuore. Accogliere non è sempre una scelta facile: Maria alle prime parole dell’angelo rimane molto turbata, ma pur non potendo conoscere la volontà di Dio, decide di abbandonarvisi: “Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la Tua Parola”. La Sua accoglienza è diventata benedizione quando ha saputo lodare quanto Dio ha operato nell’ “umiltà della sua serva”.

 

 

A cura della Commissione Liturgica

Cristel Ficarella

Valentina Gugliotta

Sara Guizzo

Margherita Lo

ngo Salvaggio

 

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