Il quartetto di Kundera
Immergendosi a pieno nella vita di Tomáš, Tereza, Sabina e Franz riusciamo ad idealizzare la quotidianità in un contesto storico alquanto in fermento quale quello degli anni praghesi intorno al ‘68. Sto parlando de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” pubblicato in Italia nel 1985 e considerato, ad oggi, uno dei più celebri romanzi della letteratura degli anni Ottanta. Milan Kundera riesce a trattare temi esistenziali attraverso esperienze umane che, con una certa naturalezza, riescono a mescolarsi con i suoi ideali.
Già dall’ossimoro iniziale “insostenibile leggerezza”, il romanzo guida chi legge sulla via della riflessione. I personaggi, minuziosamente descritti, vagano nel profondo del loro Io, invitando il lettore a mettersi nei loro panni incitandolo a seguirli, inconsciamente, alla ricerca dei dubbi e delle paure esistenziali nelle quali può riconoscersi. L’autore si pone come un grande conoscitore dell’animo umano in grado di accompagnare in un viaggio nell’anima riprendendo sia temi celebri come amore e tradimento, sia temi dal carattere filosofico, come la teoria dell’eterno ricordo di Nietzsche. Un libro colmo di continue dicotomie che si ritrovano sempre a scontrarsi: corpo-anima, menzogna-verità, amore-tradimento; discorde realtà che ogni personaggio adatterà al suo modo di fare e al suo essere.
Basilare nella comprensione del libro è il concetto di Kitsch: Kundera denuncia la cosiddetta “maschera di bellezza”, definizione della fede per la quale il creato è assolutamente giusto e l’uomo assolutamente buono, che, a quell’epoca, caratterizzava il comunismo nella sua città.
Allo stesso modo, in un romanzo di 52 anni fa, si può trovare un’equivalenza con la situazione che tutti noi viviamo oggi: “La gente di solito si rifugia nel futuro per sfuggire alle proprie sofferenze. Traccia una linea immaginaria sulla traiettoria del tempo, al di là della quale le sue sofferenze di oggi cessano di esistere”. Queste parole accendono un barlume di speranza che ci spronano a non mollare, a guardare dalla finestra e ad immaginare come apparirà la vita ai nostri occhi una volta che tutto sarà finito, quando tornerà a splendere il sole e avremo imparato tanto da questa esperienza.
A cura di Ilaria Garimberti