“Rosario Livatino. Un modello per i giuristi, un testimone dei nostri tempi.”

Rosario Angelo Livatino sapeva bene come rinvigorirela propria anima, addomesticando con la legge degli uomini e di Dio quelle che sono nel caos.

Nasce a Canicattì nel 1952 e dopo aver conseguito la maturità classica ed essersi laureato cum laude in Giurisprudenza presso l’Università di Palermo nel 1975, a 27 anni diventa Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Agrigento. Ricopre questa caricafino al 1989, quando assume il ruolo di giudice e passa dunque dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, prima di essere assassinato il 21 settembre 1990 sulla strada che porta da Canicattì ad Agrigento da esponenti mafiosi della Stidda di Palma di Montechiaro.

Credo abbiano ragione i professori di lettere nell’affermare che i cenni biografici siano imprescindibili per la conoscenza e la comprensione di una personalità illustre. È la sua storia che ci permette di comprendere le azioni e ci permette di prenderlo come esempio di vita nonostante la morte prematura e la straordinarietà del suo operato, che lo hanno reso un modello di etica individuale e sociale.

Il 21 e 26 aprile 2021 abbiamo avuto la possibilità di ospitare rispettivamente S.E. Rev.ma Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace e postulatore della causa di beatificazione di Rosario Livatino ed il dott. Federico Cafiero de Raho, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. La virtualità degli incontri, richiesta dai tempi in cui ci troviamo, non ha comunque impedito la potenza del messaggio.

Rosario Livatino è stato proclamato Beato il 9 maggio 2021 presso la Cattedrale di Agrigento, eppure neanche un tale riconoscimento sembra appesantire la figura del “giudice ragazzino”, come lo ha definito Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica nel 1991: impegnato prima nello studio e poi nel lavoro, rigoroso nell’esercitare misure di prevenzione e aggressione dei patrimoni mafiosi (dal 1982 attraverso lo strumento della confisca) senza piegarsi né abbassare la testa ma guidato nelle sue valutazioni dalla Fede e dunque al contempo comprensivo, sensibile, empatico nel sanzionare o assolvere. Evidentemente compenetrato da quell’articolo 54 della Costituzione per il quale “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.

Coerente nel privato con la dedizione e l’imparzialità della giustizia, ligio al principio dell’uguaglianza di trattamento, indipendente: un cane che preferisce rimanere sciolto per la necessità di proteggere chi ama ed aiutare chi ancora può salvarsi.

«Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili.»

(Rosario Livatino)

 

31 anni dopo, per quel che vale, possiamo urlarlo a gran voce: Rosario Livatino è stato senza dubbio credente e continuerà ad essere credibile come puro esempio di realizzazione del Vangelo.

 

A cura di Federica Tarantino

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