1921. Sull’orlo del futuro

Come si diventa parte della storia? Conoscendola.
Si parte da ciò che è stato, per costruire il futuro.
Si inizia dal prima, per andare verso il poi.
Si guarda al vecchio, per cercare il nuovo.

Prima del disastro avvenuto a Milano nella notte del 23 marzo 1921 al Teatro Diana in viale Piave 42, la vita mondana in quelle sale trovava forma d’essere tra musica, danze e spettacoli. La gente si accomodava in platea, proprio come abbiamo fatto noi, la sera del 18 novembre 2021 al Teatro dal Verme: studenti, Alumni, professori, ma anche curiosi. Uscendo di casa, in quella stranamente tiepida serata di metà novembre, avevamo tutti a cuore la nostra università. Per essere parte di essa non è sufficiente un semplice badge identificativo, ma lo spettacolo a cui assistiamo ci guida alla comprensione e alla scoperta del momento in cui tutto ebbe inizio: il 1921.

Già dal titolo, 1921. Sull’orlo del futuro a cura di Paolo Colombo e Chiara Continisio, emerge la frenesia degli anni Venti, ben raffigurata nelle scene del film Il grande Gatsby: la vita mondana, le feste, i cocktail, i saluti, ma anche il buio, il dubbio, l’insidia.
Tutto sembra a noi mutato dal 1921, ma forse non è del tutto così. Viene ora da chiedersi: quale clima si respirava in un anno che rappresenta per molti una semplice parentesi tra la Grande Guerra e l’instaurarsi del regime fascista?

Il 1921, spiega il professor Paolo Colombo, è un anno paradossale perché si può sintetizzare con due espressioni: «Sull’orlo del futuro» e, allo stesso tempo, «Sull’orlo del baratro». In un brillante excursus storico gli spettatori sono catapultati in quel fatidico anno ricco di cambiamenti, con una particolare attenzione all’atmosfera del capoluogo meneghino, sicuramente oggigiorno più caotica. Si ricordano i luoghi di svago, come i bagni di Diana, la prima piscina pubblica in Italia, in cui i milanesi dell’epoca si divertono tuffandosi nelle acque provenienti dal fiume Seveso, impensabile ai giorni nostri. Inoltre, come simbolo di rinascita, viene inaugurata per la seconda volta‘ La Rinascente’, il cui nome è suggerito dal poeta D’Annunzio; già in quegli anni è un ambiente del tutto nuovo e fuori dagli schemi per gli italiani, ancora abituati a comprare i loro abiti in piccole botteghe. Nel 1921 emergono nuove figure femminili emblematiche come Coco Chanel, la quale, proprio in quell’anno, realizza il suo celebre profumo ‘Chanel n.5’ a sua volta poi pubblicizzato dall’intramontabile Marilyn Monroe.
Il 1921, ahinoi, ha anche un’altra faccia: la guerra è alle spalle, ma il suo ricordo è ben impresso nella mente di tutti. Viene così ricordata la madre di un milite ignoto, costretta a scegliere fra tante bare quella che simbolicamente dovrebbe contenere suo figlio, si accascia piangendo davanti alla penultima bara.
Questo è anche l’anno della nascita del Partito Nazionale Fascista: Mussolini comincia a parlare alle folle con la sua dialettica spinosa ed ambigua a proposito di razza e di violenza.

Tornando agli aspetti positivi, nella conclusione dello spettacolo, il professor Colombo fa notare che gli uomini e le donne hanno una provenienza diversa, rispettivamente: Marte e Venere; gli uni sono fossilizzati nel presente, le altre con lo sguardo volto ben oltre, al futuro. In questo contesto, personaggio caratterizzante per la nostra storia universitaria è Armida Barelli. La Nostra Donna, direttamente da Venere. Grazie alle sue capacità organizzative, economiche e sociali, nel primo discorso presso l’aula magna della sede di Via Sant’Agnese (molto diversa da quella a cui siamo oggi abituati) parla del primo bilancio. Armida Barelli riesce a mettere da parte i soldi necessari per dare inizio ai lavori di ristrutturazione di un ex convento che accoglierà gli studenti delle prime due facoltà: Scienze filosofiche e Scienze sociali. Insieme a Francesco Olgiati e Ludovico Necchi, si impegna per costruire e fondare «L’università dei cattolici italiani». L’impegno di Armida Barelli è rivolto alla difesa dei diritti delle donne anche grazie all’aiuto di padre Agostino Gemelli, fondando poco dopo la Gioventù Femminile Cattolica Milanese.

Nel finale dello spettacolo tutti sono sorpresi da una carrellata di foto d’epoca che in un primo momento ci mostrano il volto di Armida e dei suoi alleati: visi freschi e giovani, come i nostri, occhi pieni di sogni e speranza. Poco dopo, nello schermo del teatro, iniziano a comparire foto di oggi, dell’università a cui siamo arrivati, dell’università che ognuno di noi ha costruito. L’atmosfera diventa commovente e pensierosa. È bello vedere come poche cose siano cambiate rispetto al 1921. Oggi, per riuscire a saltare le siepi del chiostro e indossare la corona d’alloro, combattiamo ogni giorno con le nostre paure, i nostri sogni e i nostri pensieri, proprio come le prime matricole nella prima sede di sant’Agnese.

Usciamo da questo teatro ancor più consapevoli del passato che tutti noi, studenti dell’Università Cattolica, abbiamo alle spalle, che ci riempie di orgoglio dandoci la forza di guardare al di là, per garantire un futuro migliore, proprio come fece Armida.

A cura di Sofia Cecchet e Giusy Morabito

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