L’eredità di Armida Barelli tra musica e parole

In una mite serata di settembre, quasi per caso, abbiamo avuto l’onore e l’onere di dar voce alla storia di Armida Barelli. Le note di Bach, Vivaldi, Massenet, Prokofiev e Pachelbel, restituite dai musicisti dello Studium musicale di Ateneo, con le parole di Ida e di chi l’ha conosciuta, come pennellate hanno dato forma a un affresco del segno che questa donna ha lasciato nella storia dell’Università Cattolica e dell’Italia.
Tale suggestivo momento, la mostra dedicata alla Barelli inaugurata in Collegio lo stesso 24 settembre e la gita a Como sono state una preziosa occasione di confronto tra generazioni di marianne.
Trascorrere questa giornata in riva al lago in compagnia delle ex-marianne – tra pioggia, risate e buon cibo – ci ha permesso di ascoltare racconti, aneddoti divertenti ed esperienze della vita collegiale e universitaria di un tempo.
Ancora una volta il collegio Marianum non si è rivelato solo fil rouge tra le storie di persone che hanno vissuto in contesti storici diversi, ma anche custode di un’eredità, quella di Armida in primis, che perdura nel presente e si proietta nel futuro.

Armida Barelli, classe 1882, nasce da una lungimirante famiglia della borghesia milanese, convinta sostenitrice del fondamentale ruolo dell’istruzione e che porterà Ida e tutti i suoi fratelli a studiare nelle migliori scuole del tempo.
Dopo i primi anni presso le Orsoline di Milano, la giovane Barelli trascorre cinque anni all’Istituto delle suore francescane di Santa Croce a Menzingen, dove, in concomitanza con il suo carattere vivace, vigoroso e per certi versi insofferente alle regole, inizia a sviluppare anche la sua vocazione religiosa e la fede nei confronti del Sacro Cuore. L’opposizione della famiglia e la vita mondana e frenetica della Milano dei primi del secolo non bastano a distoglierla dall’attrazione che prova verso la dimensione spirituale, cattolica e assistenziale, che la porta nel 1905 a elaborare il rifiuto definitivo di ogni prospettiva matrimoniale.
Al 1910 risale il cruciale incontro con Padre Agostino Gemelli. È l’inizio di un’amicizia lunga una vita che si rivelerà decisiva per la nascita dell’ateneo cattolico.
Nel gennaio del 1917, in piena Guerra Mondiale, sono entrambi fautori della solenne consacrazione dei soldati dell’esercito italiano al Sacro Cuore. A conflitto finito, il Cardinal Ferrari affida alla Barelli l’incarico di partecipare alla costruzione e diffusione di un embrionale movimento complementare alla Gioventù Maschile: la Gioventù Femminile di Azione Cattolica.
Considerati i successi ottenuti a Milano, nel 1918 Papa Benedetto XV incarica Armida di promuovere la Gioventù Femminile anche nel resto d’Italia, missione che la porterà a viaggiare instancabilmente e a sviluppare notevoli capacità comunicative e oratorie.
Contemporaneamente Padre Gemelli e la Barelli lavorano senza sosta alla fondazione dell’Università Cattolica, ispirati dall’opera del Giuseppe Toniolo, da poco scomparso, e coadiuvati da Ludovico Necchi e Don Olgiati.
Ida, agendo come “fundraiser” ante litteram, riceve numerosi rifiuti prima del decisivo “” del Conte Ernesto Lombardo che sancisce nel 1921 la nascita dell’Università Cattolica, intitolata grazie a lei al Sacro Cuore.
Oggi, a più di 100 anni di distanza (e nell’anno della sua beatificazione), la figura della Barelli ci colpisce ancora per la sua tenacia e modernità, testimoniate anche dall’affezionata memoria delle primissime studentesse che frequentarono il Marianum, da lei perspicacemente fondato nel 1938.

A cura di Annalisa Gurrieri, Beatrice Marsili e Bianca Baldassarri

 

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