Armida Barelli: la forza di una donna

Nel cuore un ideale. L’attivismo di Armida Barelli tra fede e impegno civile è l’evento tenutosi al Collegio Marianum, in occasione della beatificazione della sua fondatrice. Il salone Gornati ha ospitato diversi ospiti illustri come Rosy Bindi, già ministro della Repubblica Italiana e già vice presidente di Azione Cattolica, Monsignor Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale del nostro Ateneo, Barbara Pandolfi, Vice postulatrice della causa di beatificazione e docente di teologia e, in veste di moderatore, Ernesto Preziosi, anch’esso vice-postulatore.

Armida Barelli è raccontata attraverso le sue grandi opere, di cui impegno civile e la forte devozione al Sacro Cuore ne erano il principale motore. Ricordata dall’Università Cattolica per esserne stata la fondatrice e la cassiera, oltre ed essere stata operatrice in molti altri ambiti dall’Azione Cattolica agli Istituti della Regalità. Per noi è la nostra fondatrice, infatti, il collegio che è stato fondato nel 1938 ha permesso a tante donne, provenienti da tutta Italia, di coltivare i loro studi, di certo non scontato per il tempo.

Armida viveva la condizione della donna di quel periodo, ma in maniera «non arrogante» e «silente», cercando la sua vocazione, incontrando persone con idee affini, provocando un grande cambiamento nella vita delle donne del tempo, come descritto da Ernesto Preziosi. Monsignor Giuliodori ha descritto la pienezza della vita di questa donna, che ha abbracciato il laicato lasciando una traccia significativa nella Chiesa, ma anche nella cultura e nella società italiana a cavallo fra due secoli, riflettendo sul significato del termine santità, cioè “trovare una pienezza di vita”. Un motto che ha accompagnato Armida per tutta la vita e che le ha permesso di istituire numerosissime opere.

Un’altra riflessione ha riguardato il significato delle due figure emblematiche di donne: le “Marie”, che contemplano e si immergono nella sapienza, e le “Marte”, che provvedono al necessario. La Barelli incarna entrambe, poiché l’innegabile dimensione contemplativa e vocazionale che la caratterizzava, tipica di Maria, è stata presupposto fondamentale per la realizzazione delle sue opere future, seguendo le orme del modello di Marta.

Barbara Pandolfi, invece, ha descritto la vita interiore di Armida, di come abbia vissuto un periodo di inquietudine per decidere il suo futuro: una donna, all’epoca, non aveva molte prospettive, poteva essere una moglie o vivere in un Convento; Armida ha scelto la sua vocazione e ha realizzato i suoi sogni, insegnando alle donne ad essere libere e forti, intuendo la necessità di un rapporto nuovo tra la Chiesa e il mondo. Capisce che anche come laici si può avere un ruolo significativo nella chiesa e nel mondo, in un tempo in cui il laicato non era valorizzato ed era ritenuto un ruolo di passività. Armida ha sempre uno sguardo sugli altri, non è mai ferma su sé stessa e, quando Benedetto XV le affida l’incarico di fondare la Gioventù femminile, chiede a Dio di avere delle sorelle che la accompagneranno in questo percorso e che vorranno, come lei, spendere la propria vita ad impegnarsi per Dio.

Infine, l’Onorevole Rosy Bindi ha sottolineato ulteriormente l’importanza di far conoscere l’operato di questa grande donna, l’importanza del Concilio Vaticano II, che è stato considerato la «primavera della Chiesa»: per arrivare a questo punto sono serviti dei pionieri e sicuramente lei ne faceva parte, la cui spiritualità, il cui rapporto con il mondo, in qualche modo, anticiperà il Concilio.

L’evento si è concluso con l’inaugurazione della nuova aula studio del Collegio, dedicata ad Armida Barelli.

A cura di Benedetta Latino

 

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