Se anche voi, leggendo questo titolo, avete subito pensato al libro e alla celebre espressione “io speriamo che me la cavo”, questo articolo intende proporvi un diverso punto di vista, risultato di una giornata trascorsa presso l’Eremo di Santa Caterina del Sasso e il Sacro Monte di Varese.
Lo scorso sabato 19 ottobre, un gruppo di studentesse ha preso parte al tradizionale ritiro spirituale di inizio anno che, quest’anno, ha fatto tappa nella splendida cornice del Lago Maggiore.
Arrivate in mattinata, siamo state subito accolte e stupite dalla bellezza naturale che dominava quel luogo e che, con i suoi sentieri e i 268 gradini di scala panoramica, ci ha condotto fino al Monastero di Santa Caterina del Sasso. È proprio dentro la Chiesa affacciata sul Lago che è stata celebrata la Santa Messa, un momento di preghiera e raccoglimento, animato dal coro collegiale e culminato con la preziosa riflessione di Padre Roberto Fusco, uno dei Frati che abitano e hanno in cura l’Eremo.
Il tema scelto per il ritiro, la Speranza, in linea con il tema del Giubileo indetto da Papa Francesco nel 2025, ci riporta alla citazione iniziale, “Io speriamo che me la cavo”, emblema dei nostri pensieri quando siamo chiamati a proiettarci al futuro. Nell’accezione comune, la speranza è spesso associata alla capacità, che solo alcuni hanno, di “vedere il bicchiere mezzo pieno”, di pensare solo alle cose positive e andare avanti nonostante tutto.
Ma è davvero così? Si può realmente ridurre la Speranza a un arido ottimismo, proprio solo di poche persone che si contrappongono a chi invece, nato pessimista, non pensa che alla fine se la caverà?
Per noi Cristiani la speranza deve essere qualcosa di diverso – questo il primo diretto insegnamento di Padre Fusco. La Speranza Cristiana è molto di più di un mero sforzo a guardare il lato positivo delle cose. Lo dimostra la testimonianza di vita del Profeta Elia, il quale, dopo essere fuggito nel deserto, sente un angelo, rappresentazione di Dio, dirgli: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino».
Tutto il senso della speranza cristiana è racchiuso in questa esortazione: anche dopo aver sperimentato il fallimento, è nostra responsabilità alzarci e camminare, perché il cammino è troppo lungo, perché il progetto a cui siamo chiamati da Lui continua, e perché ci aspetta una vita piena in cui fare esperienza affidandoci alla Sua Parola.
Le parole di Padre Roberto Fusco ci hanno accompagnato per l’intera giornata, lungo tutto il pellegrinaggio. Uscite dalla Chiesa, in compagnia di una guida, abbiamo avuto l’opportunità di scoprire la storia del luogo che ci stava ospitando, sopravvissuto alla caduta di cinque sassi e quindi custode di un miracolo.
Dopo il momento conviviale del pranzo, la giornata è proseguita sul Sacro Monte di Varese che, con le sue quattordici cappelle e il Santuario posto in cima, è da sempre meta di numerosi pellegrini.
Divise in gruppi, abbiamo poi avuto l’opportunità di percorrere il tragitto ripensando alla condivisione della mattina: un vero e proprio percorso individuale e collettivo, intervallato da brevi soste presso le diverse cappelle.
“Cosa significa per te essere ascoltato?”, “Come reagisci quando non vedi risultati immediati? Prende il sopravvento su di te l’arrendersi o il proseguire?” oppure “Cos’è per te il coraggio?” sono solo alcune delle domande che ci hanno stimolato durante questo cammino. Dalle preziose condivisioni sono emerse paure e timori per il futuro: c’è chi ha paura di essere ascoltato perché teme il giudizio o ha paura di aver confidato qualcosa alla persona sbagliata; c’è chi ha paura di non saper gestire al meglio il tempo e di dedicarlo a cose sbagliate; oppure c’è chi, a seguito di un fallimento, si sente bloccato e si lascia sopraffare dallo sconforto. Inutile dire che è stata proprio quest’ultima sensazione di fallimento ad accumunare la maggior parte del gruppo. Dopo una sconfitta, infatti, per tanti di noi, l’istinto è quello di arrendersi, ma alla fine, anche se con sentimento disilluso, proviamo a fare un altro tentativo. E allora è proprio in questo rialzarci e ripartire che possiamo trovare una nostra forza interiore, che spesso pensiamo di non avere, e diventare più consapevoli delle nostre capacità.
Una volta rientrata al civico 18 di Via San Vittore, posso ammettere, anche dal confronto con le altre collegiali, che tanti sono stati gli spunti di riflessione che abbiamo portato con noi insieme alla consapevolezza sui corretti strumenti con cui interpretare e abbracciare il futuro.
Questo il resoconto di una giornata presso il Sacro Monte di Varese. Un appuntamento che si rinnova annualmente e che, in questa sua ultima occasione, ci ha visto protagoniste non solo in qualità di studentesse collegiali, bensì anche in quanto pellegrine di speranza.
A cura di Giorgia De Pascalis
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