IL CONTROVERSO PROTOCOLLO ITALIA-ALBANIA

L’Italia, impegnata da anni nella gestione dei flussi migratori provenienti da Paesi extra-UE, adotta un approccio che combina politiche di accoglienza e integrazione con misure volte a contrastare l’immigrazione irregolare. Ma qual è lo stato attuale di queste strategie? A che punto siamo oggi con le politiche migratorie italiane? Il Governo in carica, giunto al terzo decreto legge sull’immigrazione irregolare, lo scorso 6 novembre ha sottoscritto un nuovo protocollo, il c.d. Protocollo Italia-Albania, per il rafforzamento della collaborazione in materia migratoria tra i due paesi. Il Protocollo si colloca, pertanto, nel solco della tendenza alla deterrenza e al contenimento dei flussi migratori e prevede la costruzione in Albania di strutture finalizzate ad accertare i requisiti di ingresso, mediante una procedura di frontiera accelerata, di persone migranti intercettate dalle autorità italiane in acque internazionali.

Tali aree, situate al nord del paese, sono concesse a titolo gratuito dall’Albania. Qui saranno costruite due tipologie di centri: hotspot e CPR (ndr Centri di permanenza per i rimpatri).

Al termine delle procedure svolte i migranti verranno trasferiti in Italia o rimpatriati in base all’esito delle procedure previste.

L’Albania, invece, non è incaricata di eseguire operazioni o controlli di frontiera o di rimpatrio, poiché in queste aree si applicano la giurisdizione e il corpus normativo italiano ed europeo, che regolano l’ingresso, il soggiorno e l’accesso alla protezione internazionale per i cittadini stranieri.

L’accordo in questione solleva numerosi interrogativi sulle modalità di attuazione di tali prescrizioni, in particolare in merito alla distinzione tra paesi sicuri e non sicuri.

Sebbene il Governo italiano abbia introdotto una lista di paesi sicuri già quattro anni fa, l’Unione Europea ha ridimensionato significativamente l’efficacia di tali elenchi. L’UE ha infatti chiarito che, per considerare un paese sicuro, è necessario che la condizione di sicurezza sia uniforme e garantita su tutto il territorio, senza esclusioni per specifiche aree geografiche o categorie di persone. Non è la prima volta che il Governo italiano si trova al centro del dibattito per il respingimento di flussi migratori.

Tuttavia, questo caso rappresenta un esempio particolarmente critico: si è tentato di negare la protezione internazionale a persone che, secondo le stesse norme europee, hanno diritto allo status di rifugiato. Le politiche dell’UE sottolineano infatti l’importanza di integrazione e protezione per chi fugge da situazioni di pericolo.

In linea con una recente sentenza europea, il Tribunale civile di Roma ha ordinato la liberazione e il trasferimento in Italia dei primi 12 richiedenti asilo, provenienti da Egitto e Bangladesh, trattenuti in Albania. Il Tribunale ha motivato la decisione affermando che, secondo il diritto dell’UE, tali stati di provenienza non possono essere considerati paesi sicuri.

La vicenda ha inevitabilmente generato un acceso dibattito. Elon Musk, recentemente nominato a capo del Dipartimento per l’Efficienza sotto il mandato di Trump, ha espresso su X il proprio dissenso verso la decisione della Magistratura italiana. Non si è fatta attendere la replica del Presidente della Repubblica, che ha sottolineato come l’Italia non necessiti di direttive, nemmeno da parte di un paese alleato e amico.

A cura di Annabella Ferrante

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