Lo scorso 8 Novembre la Commissione Conferenze, in collaborazione con la Commissione Teca, ha proiettato in anteprima “Stai fermo lì”, un documentario biografico sulla vita di un giovane ragazzo rifugiato di origini persiane, Babak Monazzami. Il corto, insignito del Premio per la Pace Svizzera, è stato realizzato dalla giornalista Clementina Speranza ed è un’opera che offre uno spaccato intimo e potente delle esperienze di Babak.
Monazzami è un artista poliedrico, appassionato di musica, arte e medicina naturale, fuggito dal suo paese di origine per raggiungere l’Occidente. In Europa, trova prima rifugio in Italia e poi si trasferisce in Germania, dove vive attualmente; ed proprio in questi paesi inizia ad esprimersi a pieno nelle sue arti.
La sua giovinezza, tuttavia, è stata segnata dalla sofferenza e dalla privazione di diritti fondamentali, un’esperienza che ha vissuto sulla propria pelle sotto un regime totalitario. Il documentario racconta diversi momenti dolorosi, ed episodi in cui il giovane Monazzami ha subito diverse forme di violazioni dei diritti umani. Arriva poi in Italia nel 2005, dove inizia a studiare all’università. Dopo due anni torna in patria, spinto dalla voglia di riabbracciare la sua famiglia, dove tuttavia viene arrestato durante una manifestazione pacifica. In carcere, viene sottoposto a diverse forme di torture, le quali lo segneranno a vita. Con l’aiuto di alcune persone riesce a scappare per sempre dal suo Paese: la sua nazione diventa, così, un ricordo lontano.
I suoi ricordi e le sue memorie, grazie alla sua voce, hanno cercato di narrare la storia e chiedere la libertà per chi come lui “sta fermo ancora lì”, subendo le brutalità che quel regime impone.
In Italia, ottiene lo status di rifugiato. Alla ricerca di un lavoro, collabora con il Tribunale di Milano e con le forze di polizia traducendo e interpretando in lingua persiana atti giudiziari. Tuttavia, anche qui, non trova la serenità sperata continuando, invece, a ricevere minacce di morte, ragion per cui decide di spostarsi in Germania, senza mai smettere di ribellarsi alla politica di oppressione del suo Paese. La sua storia di percosse continua, purtroppo, anche in Germania, dove a novembre del 2022, è stato picchiato e ferito mentre prendeva parte ad una manifestazione contro la politica del governo di Teheran: è l’inizio di una nuova Odissea, che segnerà ancora una volta il suo quotidiano.
In questo corto, le montagne persiane emergono come un simbolo di speranza e memoria, un legame profondo con il suo passato, ma anche un monito contro le atrocità commesse dal governo iraniano.
L’opera di Speranza, e la testimonianza di Babak, sono un invito a non dare per scontati i diritti che viviamo quotidianamente in Occidente. Come ci ricorda Babak, essere cittadini globali attivi significa lottare contro le ingiustizie e per un mondo migliore, dove la libertà e i diritti fondamentali siano garantiti per tutti. La sua storia ci insegna che, mentre in alcune parti del mondo i bambini possono giocare a calcio, in altre non è nemmeno permesso ballare. Le cicatrici che Babak porta nel corpo e nella mente sono il simbolo di una lotta che non può essere dimenticata. Il messaggio che la giornalista Clementina Speranza e Babak Monazzami vogliono trasmettere è chiaro: non dobbiamo mai perdere di vista i diritti umani, anche quando sembrano garantiti dalla società in cui viviamo. La resistenza e la perseveranza contro l’oppressione sono essenziali per costruire un mondo più giusto.
Babak, pur sentendosi parte di una comunità che lo ha accolto, continua a lottare ogni giorno per coloro che, come lui, sono ancora “fermi lì”, sotto il giogo di un regime che li priva della libertà.
Questo documentario non è solo la storia di un uomo, ma un invito alla riflessione e all’azione. Ci invita a essere consapevoli della nostra fortuna, ma anche a non dimenticare che la lotta per la libertà è una battaglia che riguarda tutti noi.
Seguiamo il suo esempio: non dobbiamo mai dimenticare che i diritti umani non sono mai acquisiti per sempre, e che la democrazia richiede una continua vigilanza contro ogni forma di tirannia.
A cura di Giulia Giacalone
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