Quali sono le prime sensazioni appena ci si trasferisce a Milano da giovani studenti o lavoratori? Forse ci si sente immersi in uno scrigno stracolmo degli stimoli che questa città offre. Oppure ci si ritrova a inciampare in essi senza la possibilità di sceglierli davvero?
Riccardo si è posto queste domande non appena approdato a Milano da Udine, qualche anno fa. Non l’aveva scelto, ci era capitato per lavoro. Timoroso, si è trovato catapultato in una metropoli dove regna «un’intensificazione della vita nervosa» alla quale non era abituato, sommerso dagli stimoli che questa città sa porgere e far desiderare.
Riccardo, però, ha scelto di andare oltre questa sovrastimolazione, oltre l’agglomerato di persone che si aggira nervosamente per le strade, e due anni fa ha fondato un’associazione culturale basata sul dialogo, per ripensare insieme la parola comunità. Lo ha fatto in un luogo come Milano, dove per le strade la traiettoria privilegiata sembra essere quella percorsa per schivare gli altri e non per incontrarli. Riccardo e la sua associazione sono convinti che tramite le forme d’arte, la letteratura, il teatro, si possa recuperare quell’esperienza di condivisione radicata nel dialogo e negli esseri umani, dividendo con chi ci circonda parti di ciò che siamo, che pensiamo, che esprimiamo. E allora sarà possibile diventare generatori di idee nuove, frutto di qualcosa costruito insieme.
La storia di come Riccardo abbia trovato il suo modo di andare «oltre la città» ha trovato spazio lo scorso 17 novembre presso l’Auditorium Amplifon Italia a Milano durante l’evento di TEDxUNICATT, del quale Riccardo Pedicone (Content Creator e Presidente dell’Associazione Culturale “Noce”) è stato il presentatore.
TEDxUNICATT è un satellite di TED, associazione no profit che nasce nel 1984 a Vancouver con l’obiettivo di diffondere idee di valore, stimolanti e di ispirazione. Questo viene perseguito organizzando eventi che raccolgono interventi di personalità provenienti da qualsiasi ambito. La regola? Ogni discorso deve avere una durata massima di 18 minuti, così da essere facile da seguire e accattivante. Negli anni il format si è diffuso dando vita ad altrettante associazioni locali, sparse in tutto il mondo, che prendono il nome di TEDx. Così anche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove, dal 2019, un gruppo sempre più ampio di studenti, con il supporto dell’ateneo, si impegna nella creazione di due eventi all’anno coinvolgendo realtà e personalità, trattando temi attuali che possano coinvolgere spettatori giovani e adulti.
Beyond, titolo dell’edizione di novembre, che significa «oltre, al di là», dei muri, delle barriere eretti dalla storia, dalla società o addirittura da noi stessi, rappresenta un tentativo di dare forma a una costellazione di storie che raccontano i modi più diversi per oltrepassare i limiti di fronte ai quali la vita ci pone. Limite, dal latino limes vuol dire «confine, linea terminale o divisoria». Un confine che separa e che spesso rende immobili davanti agli ostacoli, precludendoci opportunità potenzialmente grandiose o errori che potrebbero però rivelarsi maestri.
A proposito di insegnanti, immaginiamo una lezione di storia un po’ monotona, di quelle piene di sterili elenchi e date. E se si potesse andare oltre e ascoltare il racconto entusiasmante di una storia che si costruisce andando al di là degli ostacoli imposti dai tempi? Potrebbe succedere se il docente per venti minuti fosse Paolo Colombo (Professore ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche presso l’Università Cattolica) che racconta di una vicissitudine storica al di là di ciò che è noto, ma al di qua di ciò che val la pena conoscere.
«C’era una volta…» un Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che nel 1979, insieme ad altri politici determinati, decise di andare oltre il muro dell’indifferenza di fronte a una tragedia umana che avveniva a migliaia di chilometri dall’Italia, in un mondo diviso in due da un muro. Grazie a un’operazione lampo quasi inimmaginabile, l’Italia può essere orgogliosa di aver salvato 907 profughi vietnamiti in fuga dal loro Paese alla fine di una guerra devastante, offrendo loro accoglienza e sostegno.
Una missione simbolo di chi «ha saputo mostrare compassione e andare oltre, per ascoltare la voce degli ultimi, dei reietti, di chi chiedeva aiuto». Di chi è andato al di là delle procedure e di qualsiasi pregiudizio o paura, che pervade quando ci si trova di fronte a qualcosa di estraneo. Forse è questo che si teme di trovare al di là di un limite, ciò che non appartiene. In latino, oltre al termine limes ne esiste un altro dal suono simile, limen, ma il cui significato risulta decisamente meno stringente: soglia. Ecco che il limite da ostacolo può trasformarsi in opportunità di scoprire cose nuove, di crescere, di creare. È con questo cambio di prospettiva che comincia la storia di Simona Aztori, pittrice, danzatrice e public speaker. Tutte queste cose Simona ha imparato a farle in modo speciale, con due piedi e un sorriso smagliante. Simona ha scelto di non identificarsi «nel suo corpo dalla forma particolare», nel suo limite, e ha inseguito il suo sogno di diventare la prima ballerina senza braccia. Simona ha scelto l’arte come opportunità per raccontare di sé e di come «non sia una questione di mani o di piedi, ma sempre e solo una questione di cuore». Si tratta di sfumature del pensiero, quelle che tutte le forme d’arte sfiorano, anche quelle in crisi, come la musica, e il rap in particolare. È un tema molto caro a Carlo Corallo, che ci mette a conoscenza di quanto il rap, arrivato al successo, sembra essersi svuotato del suo significato e sia rientrato nelle dinamiche della musica commerciale, che pare non rispondere più a esigenze artistiche ma solo a di mercato. Questo il limite da superare per far tornare la musica «strumento di cultura con una sua dignità letteraria». Ad arricchire la staffetta pomeridiana ci sono state anche Martina Strazzer e Bianca Iannucci: la prima, giovanissima imprenditrice, che nel 2020 ha fondato una linea personale di gioielli, provando a sfatare il mito dei giovani che non abbiano voglia di lavorare; storyteller e divulgatrice, la seconda ci ha raccontato di come stia imparando a districarsi tra le scelte della sua vita per fare ciò che ama. I sei speaker che si sono alternati sul palco, alla fine del pomeriggio, assumono le sembianze di potenti interruttori: erano nascosti tra le pieghe della realtà e hanno provato a rispondere all’arduo compito di provare a riaccendere luci un po’ flebili in noi spettatori di tutte le età. Generatori di questa elettricità i ragazzi di TEDxUNICATT: una squadra di 70 studenti dell’Università Cattolica che sono andati oltre la propria quotidianità accademica e lavorativa, scegliendo di mettere a disposizione una parte delle proprie potenzialità per creare nuovo significato da raccontare, condividere, moltiplicare.
IG: @tedxunicatt
SITO WEB: https://tedxunicatt.com/
A cura di Annalisa Gurrieri
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